
Nel cuore pulsante del distretto commerciale di Sanlitun, a Pechino, prende forma la nuova Maison Louis Vuitton progettata dallo studio giapponese Jun Aoki & Associates, un edificio che dissolve i confini tra architettura, moda e cultura orientale. La struttura di quattro piani si presenta come un volume fluido e traslucido, capace di evocare simultaneamente la solidità di una roccia scolpita dal tempo e la leggerezza di un abito in movimento.
Il progetto nasce da un dialogo diretto con la moda: Jun Aoki fa esplicito riferimento all’abito traslucido e cangiante disegnato da Nicolas Ghesquière per la collezione Donna Primavera-Estate 2016 di Louis Vuitton, da cui deriva l’idea di una facciata intesa come pelle architettonica. Un involucro che non riveste semplicemente l’edificio, ma lo interpreta come un corpo in trasformazione, sensibile alla luce, allo sguardo e al contesto urbano.


La facciata, interamente rivestita da specchi dicroici, muta cromaticamente nel corso della giornata e delle stagioni, restituendo un effetto vibrante e dinamico. Questo risultato è ottenuto attraverso un sofisticato sistema a doppio strato: un guscio interno performante dal punto di vista tecnico e un rivestimento esterno composto da 315 pannelli di vetro curvati a mano, concepiti come un raffinato merletto architettonico. La superficie non è mai statica, ma si comporta come un tessuto leggero, attraversato da riflessi, trasparenze e variazioni luminose.

Alla base del concept progettuale si innesta un riferimento profondo alla cultura cinese: la gongshi, la cosiddetta pietra dello studioso, elemento centrale nei giardini tradizionali e simbolo della bellezza Zen. Le sue qualità formali – slancio, complessità superficiale, perforazioni e permeabilità – vengono tradotte in chiave contemporanea e messe in relazione con il linguaggio sartoriale dell’abito di Ghesquière. Ne deriva un’architettura che sintetizza natura, artificio e identità del brand in un’unica espressione coerente.
L’utilizzo avanzato della modellazione digitale ha consentito allo studio di spingersi verso un livello di complessità formale inedito, mantenendo al tempo stesso un controllo rigoroso sulla geometria e sull’ottimizzazione costruttiva. Ogni curva, ogni giunzione, ogni pannello è il risultato di un processo di sintesi tra libertà espressiva e precisione tecnica.

Gli interni si sviluppano su quattro livelli affacciati sulla facciata trasparente, lasciando penetrare la luce naturale negli spazi dedicati alle collezioni uomo e donna, al prêt-à-porter, alla pelletteria, ai gioielli e agli articoli per la casa. Un grande atrio centrale connette i piani destinati al pubblico femminile, mentre lounge riservate accolgono i clienti VIP in un’atmosfera più raccolta.
All’ultimo piano trova spazio il primo café Louis Vuitton di Pechino, progettato dal team interno della maison insieme ad Astet Studio di Barcellona. Qui, forme morbide e continuità spaziale richiamano il disegno della facciata, culminando in una terrazza panoramica protetta dall’involucro traslucido. Il bar, ispirato all’apertura dei celebri bauli Louis Vuitton, e la sala VIP privata completano un’esperienza che unisce architettura contemporanea, retail di lusso, design e narrazione culturale.

La Maison Louis Vuitton Sanlitun si afferma così come un manifesto costruito: un edificio che traduce l’estetica della moda in linguaggio architettonico, ridefinendo il concetto di flagship store nel panorama internazionale tra architettura di lusso, design contemporaneo, facciate sperimentali, retail experience, moda e progetto urbano.





