
Foto: Bureau Betak x YSL
Allestire una tavola oggi non è più soltanto un gesto di ospitalità: è un atto estetico, una dichiarazione di stile. Il tablescaping – o table setting – è diventato il nuovo terreno d’incontro tra design, moda e arte, dove ogni dettaglio racconta una storia, ogni colore evoca un’emozione, e ogni piatto diventa parte di una narrazione visiva.
Il termine, coniato nel 2003 dalla chef televisiva americana Sandra Lee unendo table (tavolo) e landscaping (paesaggio), definisce l’arte di allestire tavole tematiche con rigore e creatività. Un’arte che, in realtà, affonda le proprie radici negli Stati Uniti degli anni Trenta, quando le prime competizioni di tablescaping premiavano l’interpretazione di un tema tanto quanto la perfezione dell’allestimento.
Oggi il fenomeno ha trovato la sua consacrazione su Instagram: oltre 5,5 milioni di post per l’hashtag #tablesetting, più di 2,3 milioni per #tablescape. La tavola è diventata un palcoscenico, un tableau vivant che unisce estetica e convivialità. Ma il merito di questa rinascita va anche alle case di moda, che hanno trasformato le loro fashion dinner in esperienze multisensoriali dove la mise en place diventa un’estensione naturale della passerella.

Foto: We Are Ona x Jacquemus
Basti pensare alle cene di Jacquemus, con cesti di vimini e atmosfere provenzali immerse tra il lino e il sole; alle tavole di Saint Laurent, dove il nero e l’oro si fondono in una scenografia teatrale e minimale; o agli allestimenti concettuali di Balenciaga, in cui la luce e la geometria diventano linguaggio. In questi casi, il tavolo non è più soltanto un luogo d’incontro: è un manifesto visivo dell’identità del brand.
Tra i protagonisti di questa nuova estetica conviviale, anche il collettivo itinerante We Are Ona, che negli ultimi anni ha trasformato il rito della cena in performance esperienziali, sospese tra arte culinaria e installazione contemporanea.
Come reinterpretare il table setting in chiave moda
1. Scegliere un tema
Ogni tavola di successo nasce da un concetto, da un racconto. Che si tratti di un riferimento cromatico, di una stagione o di un’immaginario di brand, l’importante è che l’allestimento parli un linguaggio coerente. La tavola diventa così un prolungamento del mondo che si vuole evocare — come una collezione prêt-à-porter trasposta nello spazio domestico.

2. La mise en place come installazione d’arte
La cura nella disposizione degli elementi è ciò che distingue una tavola qualsiasi da una table experience. Secondo il bon ton classico, la disposizione segue un ordine preciso: le forchette a sinistra (l’esterna per l’antipasto, l’interna per il piatto principale), i coltelli a destra con il filo rivolto verso il piatto, e i bicchieri disposti in diagonale nella parte superiore destra. Ma è proprio nella libertà interpretativa che la tavola si trasforma in opera: abbinamenti inaspettati, texture a contrasto, mix di materiali come vetro, ceramica e lino diventano gli ingredienti di un’eleganza contemporanea.
3. Centrotavola: la scenografia discreta
Candelabri, fiori, frutta o elementi naturali: il centrotavola non deve rubare la scena, ma amplificarla. È il punto di equilibrio tra funzionalità e teatralità. In una tavola firmata moda, la composizione floreale dialoga con il tessuto della tovaglia, le luci creano riflessi sulle superfici, e la materia diventa racconto.
Oggi il tablescaping è molto più che decorazione: è un linguaggio progettuale, un modo di concepire la convivialità attraverso la lente del design e della moda. Ogni tavola, se ben pensata, può diventare un set fotografico, un piccolo universo estetico a prova di Instagram — ma soprattutto, un riflesso del proprio gusto e della propria visione dell’arte dell’accoglienza.





