
È un fenomeno sempre più evidente: i designer contemporanei non si accontentano più di dominare un solo linguaggio espressivo. La moda, il design e l’architettura si intrecciano in una conversazione continua, dove i confini tra le discipline diventano porosi e fertili. Così, un oggetto tanto quotidiano quanto complesso come la sedia diventa terreno privilegiato per esplorare la relazione tra forma, funzione e poetica visiva.
Dalla radicalità concettuale di Rei Kawakubo alla sensibilità scultorea di Rick Owens, passando per le riletture architettoniche di Virgil Abloh, la sedia è divenuta strumento di indagine e dichiarazione di intenti.
Negli anni Ottanta, Comme des Garçons ha trasposto il proprio linguaggio avant-garde negli spazi dell’interior design. Le sedie progettate da Rei Kawakubo – realizzate in materiali come granito e acciaio – erano più che semplici complementi d’arredo: erano estensioni del suo pensiero strutturalista, opere funzionali che incarnavano la stessa estetica non convenzionale dei suoi capi. Numerate in modo seriale, prive di ornamento, celebravano l’essenzialità e il rigore del design industriale, divenendo parte integrante dei flagship store del brand.

Tre decenni più tardi, Virgil Abloh – architetto di formazione prima ancora che designer di moda – ha scelto di tornare alle origini con The Framing Collection (2016). Nel pieno trionfo dello streetwear, Abloh ha ripensato la struttura stessa della sedia, elevandola a manifesto estetico. La sua riflessione sulla “griglia” – tradotta in un susseguirsi di elementi in marmo e metallo – rimanda all’eredità di Mies van der Rohe, in un dialogo tra trasparenza strutturale e rigore costruttivo.

Foto: Bogdan Chilldays Plakov
Anche Raf Simons, noto per la purezza formale delle sue collezioni, trova nel design un naturale prolungamento del proprio universo estetico. Laureato in Industrial and Furniture Design nel 1991, prima di approdare alla moda, Simons collabora dal 2014 con il marchio tessile danese Kvadrat, per il quale progetta tessuti d’arredo dalle texture sofisticate e dai toni misurati. I suoi interni, come i suoi abiti, si muovono in bilico tra austerità e sensualità, tradizione e sperimentazione.

Nel mondo di Ann Demeulemeester, invece, la transizione dall’abito all’arredamento avviene in punta di piedi ma con impeccabile coerenza. La designer belga, nota per la sua poetica del silenzio e della sottrazione, ha dato vita – in collaborazione con Serax – a una collezione di mobili e oggetti per la casa che riflettono la stessa tensione tra fragilità e rigore dei suoi capi. Linee essenziali, materiali puri, atmosfere sospese: una visione che trasforma l’abitare in esperienza sensoriale.

Dal canto suo, Rick Owens porta nel design di mobili la stessa forza brutalista che caratterizza la sua moda. Dal 2005, lo stilista realizza pezzi monumentali che mescolano riferimenti all’Art Nouveau, alla scultura contemporanea e alla cultura underground californiana. Le sue sedie e panche, scolpite in marmo, compensato o corna di alce, evocano una sacralità primitiva e una tensione ascetica. Opere oggi custodite in collezioni e musei internazionali come il Centre Pompidou e il MOCA di Los Angeles.


In tutti questi casi, la sedia non è semplicemente un oggetto d’uso, ma un gesto progettuale carico di significato. È il punto d’incontro tra l’intimità domestica e la visione artistica, tra l’architettura e la moda, tra la materia e l’idea. Un piccolo trono su cui si posa, ancora una volta, il potere visionario del design.




